
La curiosità dei bambini è un istinto naturale che li porta a interrogarsi su tutto quello che osservano. Per proteggerla ed evitare che si smorzi, è bene rispondere con entusiasmo alle domande dei piccoli, e allestire qualche semplice esperimento scientifico è un ottimo modo per mantenere viva la loro voglia di scoprire.
Maria Montessori suggeriva di pensare alla curiosità infantile come a una fiamma calda e brillante; e immaginava l’adulto che educa con le mani poste a protezione di quella fiamma, per impedire che si spegnesse. La fiammella, che è la voglia di scoprire, non ha necessità di essere alimentata, ma va custodita con amore e attenzione, in modo che continui a brillare. Il bambino nasce curioso, e ha il diritto di non smarrire tale disposizione durante la crescita. Le risposte che offriamo al suo desiderio di conoscere, però, a volte possono agire come pericolose raffiche di vento, e spegnere la fiamma. È quello che succede con frasi tipo: «Mi stai sfinendo con queste domande!», «Non lo so, io!», «Quando sarai grande lo scoprirai». Ma se un bambino sente l’urgenza di interrogare l’adulto (che considera l’“esperto”, colui che sa sempre tutto) deve potersi sentire ascoltato e ricevere una risposta. Anche quando questa non potrà essere esaustiva, sarà comunque rispettosa della “fame” infantile di sapere e capire.
Dare l’esempio
Come per le buone maniere, l’ordine, la cura dell’ambiente o la generosità, anche per la curiosità e l’inclinazione alla ricerca il buon esempio è fondamentale. Riflettiamo su come noi adulti reagiamo di fronte a un nostro interrogativo. Ci documentiamo? Se sì, come? Sperimentiamo possibili soluzioni? Oppure lasciamo cadere in fretta il dubbio, senza soddisfare la nostra curiosità? Affinché il bambino mantenga la capacità di interrogarsi e stupirsi di fronte all’ignoto,
sarebbe opportuno non perdere le occasioni che ci si presentano: «Mamma, cosa mangia il tucano?», «Perché quando l’acqua è sul fuoco le vengono le bolle?», «Che cos’è il fulmine?». Ad alcune domande sapremo rispondere, ad altre no, e allora è giusto dire, ovviamente, «non lo so», ma tale ammissione dovrebbe essere sempre il punto di partenza di una ricerca, magari da fare insieme.
Suggerimenti per una buona risposta
Per dare una risposta che non disorienti, spaventi o annoi il piccolo è importante prestare attenzione alla lunghezza della spiegazione e scegliere con cura le parole da usare e le informazioni da trasmettere, che devono essere comprensibili. Vediamo qualche consiglio per formulare una risposta adeguata:
• rispondere sempre, in maniera sincera;
• usare poche parole, precise e, se necessario, scientifiche, costruendo frasi semplici,
evitando la forma negativa e prediligendo una costruzione sintattica elementare: soggetto,
verbo, complemento;
• terminare la spiegazione se il bambino non ci sta guardando;
• fare in modo di nutrire i nuovi interrogativi che possono sorgere mentre si risponde, lasciandosi guidare dall’interesse del piccolo (un esempio: «Perché le ciliegie sono rosse?», «Perché contengono le vitamine, e le ciliegie sono colorate dal sole…», «Ma quanti tipo di rosso esistono?», e da qui potrebbe nascere un dialogo sulle tinte del rosso);
• aver cura di offrire una “lezione” breve ed efficace; la durata e la complessità dovranno crescere insieme al bambino.

Scoprire insieme
I genitori non conoscono le risposte a tutto, e nemmeno gli insegnanti. Ma il ruolo dei genitori, come quello degli educatori, è di costruire un contesto adatto all’apprendimento, allestendo gli ambienti, creando occasioni di scoperta, cercando e fornendo gli strumenti migliori. A volte le domande che i bambini ci pongono sono semplici, magari legate alle nostre competenze lavorative o ai nostri interessi personali. In questo caso, soddisfare la curiosità dei piccoli è relativamente semplice: sarà sufficiente cercare le parole più adeguate per farlo. E quando si conosce la materia, è anche possibile stimolare il loro interesse arricchendo la risposta con ulteriori spunti di riflessione.
Se invece conosciamo poco l’argomento che ha destato la curiosità del piccolo, dopo aver ammesso di non sapere la risposta, o di non essere sicuri della risposta corretta, sarà opportuno dedicarsi, come abbiamo detto, a una piccola ricerca. In che modo? Le strade possibili sono molteplici: si può ricorrere a documenti scritti (siti Internet, libri), rivolgere la domanda a un esperto, oppure allestire un esperimento. Vediamole più da vicino:
• La ricerca su Internet.
Chiedere la risposta ai propri dubbi a un motore di ricerca è ormai la strada più praticata, perché comoda, rapida e sempre a portata di mano. Utilizzare Internet per soddisfare la curiosità del bambino permette inoltre di educare il piccolo all’uso prudente
e consapevole della tecnologia, favorendo lo sviluppo del pensiero critico e insegnandogli a
confrontare fonti diverse.
• La ricerca in biblioteca.
Recarsi in biblioteca per consultare un testo è un’esperienza affascinante, che al giorno d’oggi può avere il sapore di una vera e propria avventura: uscire, andare nella “casa dei libri”, scorrere il catalogo per ordine alfabetico, sfruttare la possibilità del prestito e assumersi la responsabilità della restituzione… Sono tutte esperienze non solo piacevoli, ma anche dall’alto valore educativo.
• Chiedere all’esperto.
Ciascuno di noi, probabilmente, avrà amici o conoscenti esperti in qualche campo del sapere che possono essere contattati per avere un’opinione o una sorta di “consulenza scientifica”. Chiedersi, insieme ai bambini, chi potrebbe essere la persona adatta a cui rivolgere la propria domanda è un bel gioco per avvicinare i piccoli alla varietà delle competenze e al riconoscimento dei talenti e delle specificità altrui.
• Allestire un esperimento.
Se la domanda che viene posta è di carattere scientifico, se ad esempio riguarda la chimica o la fisica, si può decidere di organizzare un piccolo esperimento per verificare la risposta. A che temperatura bolle l’acqua? Quanto tempo
impiega l’acqua per passare allo stato liquido se in casa ci sono 20 gradi? Come si comporta un uovo sodo dentro l’acqua? E un uovo fresco? E se l’acqua è salata? Quali materiali si possono tagliare con una forbice? Per rispondere a queste domande, come a molte altre, è sufficiente reperire tutto il materiale che occorre e poi sperimentare.
Sperimentiamo!
Ecco qualche domanda che i bambini potrebbero porre, e il relativo esperimento che servirà a dar loro una risposta soddisfacente:
• «Perché il fuoco si spegne quando è coperto?»
In commercio si trovano candele contenute all’interno di un barattolo di vetro e dotate di coperchio. La fiamma, per essere alimentata, necessita di ossigeno; quindi, se si chiude il coperchio del barattolo, nel giorno di pochi istanti si spegnerà, perché priva dell’ossigeno che la alimenta. Da questo esperimento potrebbero sorgere ulteriori ragionamenti: quanto tempo occorre alla fiamma per spegnersi? E se il barattolo e il coperchio fossero più grandi? O più piccoli? Cambierebbe qualcosa? Che cos’è l’ossigeno? Anche a noi serve, per respirare, chi ce lo dà? E le piante respirano?
• «Se metto questa cosa in acqua galleggia?»
Predisponiamo una ciotola trasparente di vetro o plastica piena d’acqua e un cestino con una serie di oggetti: un tappo di sughero, una matita, una vite, un sasso, un pezzo di legno, un guscio di noce, una mela. Scegliamo oggetti che siano composti da un unico materiale: in questo modo l’esperimento sarà più efficace. Di fianco alla ciotola trasparente, poniamo due contenitori. Dopo l’immersione, in uno di essi verranno sistemati gli oggetti che galleggiano e nell’altro gli oggetti che vanno a fondo. Se il bambino sa già scrivere, potremo chiedergli di annotare su un taccuino il nome del materiale analizzato, indicando a fianco del nome se galleggia oppure no. Se il bambino non sa ancora scrivere, potremo etichettare i contenitori con il colore rosso (per gli oggetti che vanno a fondo) e con il colore verde (per gli oggetti che galleggiano).
Si può decidere di rendere questo allestimento stabile, in modo che il bambino possa recarvisi per verificare le caratteristiche di ogni nuovo materiale che incontra, arricchendo così il suo taccuino.
• «Di che colore è la luce del sole?», «Perché il cielo è azzurro?»
Dopo un temporale, quando in cielo appare l’arcobaleno, è facile ammirare la scomposizione della luce del sole. Ma se volessimo “catturare” un raggio di sole a piacimento, per osservarne tutte le sfumature? Prendiamo una bacinella e versiamo al suo interno un po’ d’acqua. Serviranno inoltre uno specchietto, un foglio di carta e, naturalmente, un raggio di sole. Immergiamo per metà lo specchietto nell’acqua, inclinandolo fino a quando un raggio non colpisce la parte di specchio sommersa. Teniamo in mano il foglio di carta, davanti allo specchietto e in controluce: in questo modo il raggio, uscendo dall’acqua, “si scontrerà” con il foglio, su cui apparirà l’arcobaleno, con tutti e sette i colori che lo compongono.