Il gioco è la dimensione in cui il bambino sperimenta e impara a gestire una serie di emozioni, tra cui la frustrazione. È bene che gli adulti non ostacolino questo processo, e anzi lo favoriscano attraverso il buon esempio e l’ascolto

Se si osservano i bambini mentre giocano può capitare spesso di sentirli pronunciare le parole «basta, non gioco più!» o «non vale, me ne vado», o di vederli arrabbiarsi, piangere per una sconfitta, abbandonare un’attività in cui non riescono ad avere successo o altri comportamenti simili. Si tratta di episodi comuni e “fisiologici”, perché è proprio nella dimensione del gioco che i bambini sperimentano e imparano a regolare un’ampia gamma di emozioni. Tra queste anche la frustrazione, che possiamo intendere come una sofferenza legata al non raggiungimento di uno scopo o un non soddisfacimento di un bisogno.

Imparare a tollerare la frustrazione

Saper tollerare la frustrazione è una capacità che si apprende pian piano durante l’infanzia. Quando vediamo un bambino che piange disperato perché il compagno ha preso il giocattolo che voleva lui, o che perde le staffe dopo una sconfitta o che smette di giocare con un puzzle perché non riesce subito a completarlo, dobbiamo innanzitutto considerare la naturale immaturità del piccolo. Col tempo e con l’esperienza il bambino prenderà atto del fatto che non può vincere sempre o essere il migliore in tutto, imparerà a saper aspettare e non volere tutto subito, scoprirà che ci si può divertire partecipando al gioco al di là dell’esito finale e così via. Quando invece l’intolleranza alle frustrazioni persiste nel tempo e non vediamo evoluzioni significative nella capacità del bambino di regolare questa emozione, è il caso di riflettere prima di tutto sul suo ambiente educativo di crescita.

Genitori iperprotettivi

Uno dei fattori che possono influenzare lo sviluppo della resilienza, cioè la capacità di reagire alle difficoltà e alle sfide della vita trasformandole in opportunità, sono i comportamenti iperprotettivi dei genitori, che si manifestano nella tendenza a voler evitare qualunque esperienza di insuccesso ai propri figli. Al contrario, è necessario offrire al bambino fin dai primi anni di vita occasioni per esercitare l’autonomia, lasciandolo libero di fare esperienze senza sostituirsi a lui. Questo riguarda anche le esperienze di gioco, nelle quali è necessario che il piccolo possa sperimentare il più liberamente possibile conquiste ed errori, gioie e tristezze, confrontandosi con sé stesso e con i suoi pari. Gli interventi degli adulti nel gioco dei bambini andrebbero limitati a questioni importanti (ad esempio la sicurezza), ragionati e calibrati rispetto alla situazione e alla maturazione del piccolo. In ogni caso la presenza e l’intervento dell'adulto non dovrebbero mirare a fornire la “soluzione” al problema nel gioco ma eventualmente ad aiutare il bambino stesso a trovare le proprie risorse per farlo.

Uso eccessivo di giocattoli e tecnologie

Anche l’eccessivo utilizzo di giocattoli e tecnologie digitali non aiuta il bambino a tollerare la frustrazione: passare rapidamente da uno stimolo a un altro, ottenere continue gratificazioni dall’utilizzo dei media senza fare alcuna fatica, può provocare maggiore fastidio e irritazione quando ci si trova di fronte a esperienze e contesti che richiedono più concentrazione e impegno.

L’esempio dei genitori

Imparare a tollerare la frustrazione durante l’infanzia è importante per riuscire ad affrontare le sfide e gli eventuali insuccessi lungo tutto il corso della vita. Come
abbiamo già detto, il ruolo dei genitori è essenziale: la formazione di un legame di attaccamento forte e sicuro nei primi anni di vita aiuterà il bambino a sviluppare gradualmente la capacità di riconoscere, accogliere e regolare i propri stati emotivi. Il modo in cui il piccolo affronta una situazione difficile dipende dall’esempio che nel tempo ha ricevuto dai suoi genitori e dal modo in cui questi ultimi rispondono alle situazioni potenzialmente spiacevoli che lo interessano. Se ad esempio un bambino è dispiaciuto perché il suo amichetto non vuole giocare a palla con lui, o è arrabbiato perché non riesce a costruire una torre alta quanto vorrebbe, i genitori possono accogliere con parole e gesti le sue emozioni, senza però temere che sperimenti stati d’animo spiacevoli o voler cancellare questi ultimi.

La possibilità di litigare

È importante aiutare il bambino a maturare quel bagaglio di risorse interiori e competenze che gli permetterà di rispondere efficacemente alle piccole o grandi difficoltà della vita: la fiducia in sé stesso e in ciò che lo circonda, la speranza, la
curiosità e la creatività. La convivenza con gli altri bambini, da questo punto di vista, è molto utile. È fondamentale che il bambino possa trascorrere del tempo insieme ai suoi coetanei, instaurare con loro legami, giocarci assieme, condividere ambienti e strumenti ludici. Per apprendere a gestire la frustrazione è necessario anche l’esercizio: il bambino deve avere la possibilità di litigare, di vivere il conflitto, così come di poter imparare da altri bambini che magari sono più tolleranti alla frustrazione e possono fungere da modello.

Il “qui e ora”

Un altro aspetto importante da considerare rispetto alla tolleranza delle frustrazioni riguarda il tempo: i piccoli vivono nel “qui e ora”, per loro è difficile comprendere il senso del tempo cronologico; sono fisiologicamente concentrati sulla soddisfazione immediata dei propri bisogni, per cui per loro può essere difficile avere pazienza. Possiamo però notare che in diverse situazioni, quando sono mossi da curiosità e interesse verso una certa cosa, i bambini sono capaci di attenzione, concentrazione. Se osserviamo un bimbo di 2 anni che nella vasca da bagno gioca a travasare l’acqua da un contenitore all’altro o un bambino un po’ più grande che realizza un castello con le costruzioni, ci accorgeremo che entrambi provano e riprovano tante volte una certa azione per capire “cosa succede se…”, “come si fa a…”, per affinare i movimenti, per raggiungere un risultato. I loro tempi sono spesso “lenti” agli occhi dell’adulto. Possiamo dire, allora, che i bambini sono in parte capaci di vivere l’attesa o di esercitare la pazienza, anche se in modo differente dai grandi. Tornando alla frustrazione, dobbiamo allora stare attenti a dare spazio e tempo sufficienti ai bambini per esercitarsi nelle proprie attività di gioco (quante volte, nella routine quotidiana, li incitiamo a fare in fretta?).

Consigli utili

Ecco di seguito altre accortezze che possiamo avere quando proponiamo un gioco o un giocattolo a un bambino:
● Scegliere giochi adeguati alla sua età e maturazione personale. Ricordiamoci che i bambini non sono tutti uguali! Se il gioco è “troppo difficile” e richiede conoscenze e abilità che il piccolo ancora non possiede, probabilmente non giocherà in maniera corretta e per quanto si potrà sforzare sarà sempre incapace di superare la sfida prevista dall’attività, provando inutile frustrazione. Al contrario, un gioco “troppo facile” può non risultare attraente e rischia di non mettere il bambino in condizione di provare, impegnarsi ed essere soddisfatto dei propri risultati.

● Scegliere giochi adatti ai suoi gusti e preferenze. I bambini giocano per divertirsi e per soddisfare i propri bisogni e interessi, non per imparare (anche se noi sappiamo che in realtà ciò avviene). Per vivere le necessarie frustrazioni e  decidere lo stesso di continuare a impegnarsi, per esercitare la pazienza, la collaborazione, per imparare a vincere ma anche a perdere, devono sentirsi attratti e coinvolti dall’attività che svolgono.