Rudolf Steiner, Maria Montessori ed Emmi Pikler condividevano dei punti fondamentali nell’educazione del bambino: un ambiente in grado di favorire lo sviluppo, l’indipendenza e l’autonomia, e l’adulto educatore attento e accogliente verso il volere del piccolo

A unire la visione pedagogica di Rudolf Steiner, Maria Montessori ed Emmi Pikler è certamente la fiducia nel bambino e l’idea che la sua libertà si manifesti all’interno di un ambiente pensato e curato che ne favorisca lo sviluppo, l’indipendenza e l’autonomia. Allo stesso tempo, tutti e tre sono concordi sulla necessità che l’adulto che accompagna il piccolo nel suo percorso di crescita si faccia discreto, rispettoso e conscio di avere tra le mani un tesoro, il futuro dell’umanità. Prima di conoscere più nel dettaglio i punti in comune dei loro metodi educativi, riassumiamo in breve le loro biografie.

Rudolf Steiner (1861-1925). Fondatore della scuola Waldorf a Stoccarda nel 1919, formatore per futuri insegnanti, impegnato in un’educazione di tipo integrale, che comprende cioè la persona nella sua interezza. Steiner riteneva che l’educatore dovesse avere una “sensibilità antropologica” e amare il bambino in quanto creatore della società, impegnandosi nel suo compito attraverso la relazione e la scoperta dell’altro.

Emmi Pikler (1902-1984). Pediatra ungherese, direttrice dell’orfanotrofio di Lócy a Budapest. La gentilezza nella relazione con il bambino, il rispetto dei suoi tempi di sviluppo, la totale libertà di movimento e di gioco furono i capisaldi del suo pensiero e del suo lavoro. Teorizzò lo sviluppo motorio naturale senza forzature, intromissioni, anticipazioni o ritardi da parte dell’adulto che educa e cura.

Maria Montessori (1870-1952). Medico, filosofa e pedagogista, diede vita al suo metodo educativo a partire dell’osservazione del bambino: attraverso la libera scelta e il libero movimento, il piccolo aveva occasione di mostrarsi e fornire così all’adulto le indicazioni per allestire gli ambienti e impostare l’intervento educativo. Nell’arco della sua carriera si concentrò sulla costruzione di materiale scientifico di sviluppo, indicando come quest’ultimo doveva essere applicato per allestire l’ambiente. Durante il suo lavoro di formazione contribuì a far crescere un’idea nuova di adulto.

 

Il bambino come essere unico

Elemento di fondamentale importanza per i tre autori è la capacità dell’adulto di considerare ciascun bambino nella sua unicità e di vederne le sfumature (talenti, interessi, tempi di sviluppo e così via) non come scostamenti da una predeterminata “normalità” o  come ostacoli, ma piuttosto come elementi di espressione della natura umana, da rispettare e coltivare e sui quali forgiarsi come educatori. È l’educatore, attraverso parole, atteggiamenti e proposte, che deve essere in grado di farsi specifico e puntuale per il gruppo come per ciascun bambino.

Emmi Pikler intitolò uno dei suoi scritti Datemi tempo, proprio per sottolineare come il bambino sembri chiedere a gran voce al mondo dei grandi di avere pazienza, affinché possa esprimersi e manifestarsi nei suoi tempi, a volte prima, a volte dopo quanto ci si aspetti.

 

Educazione diretta o indiretta

Ciò che certamente unisce la visione dei tre autori è la fiducia nel desiderio e nella competenza di manifestarsi del bambino, detentore del diritto di esprimere liberamente sé stesso. Il piccolo è infatti portatore di interessi, è capace di scegliere e manifesta autonomamente preferenze. L’ambiente svolge di certo un ruolo fondamentale negli studi di questi autori, un ambiente in grado di accogliere il bambino, di essere a sua misura, praticabile senza pericoli e facilmente intellegibile.

L’adulto, in ognuno degli approcci educativi della pedagogia attiva, è consapevole dell’importanza e della delicatezza del lavoro che sta svolgendo e si preoccuperà di scegliere. Ma cosa significa “scegliere” in pedagogia? Non lasciare nulla al caso, non accontentarsi di ciò che già c’è o della mediocrità, ma selezionare per il bambino solo il meglio disponibile. Verranno perciò individuate le stanze meglio illuminate, il materiale più idoneo (maneggevole, sicuro, esteticamente appagante, pulito, integro), l’arredo sarà predisposto in modo ordinato e accessibile.

L’attenzione impiegata nel predisporre l’ambiente consentirà al bambino di vivere esperienze di alta qualità e significative, permettendogli in questo modo di sviluppare i propri talenti.

L’educazione indiretta, a cui tutti e tre gli autori, con differenti sfumature personali, mirano, è da intendersi come la capacità e l’umiltà di “arrivare” al bambino e condurlo sulla strada dello sviluppo non attraverso delle spiegazioni, l’indottrinamento o l’intrattenimento, ma con il buon esempio, la partecipazione alla vita reale e un ambiente debitamente organizzato per “parlare” e insegnare.

I bambini, se ascoltati e accolti, desiderano interagire con ciò che accade intorno a loro, e per rispondere a questo volere non serve altro che permettergli di partecipare, senza allontanarli, coinvolgendoli nelle attività di cura della casa (o della scuola), nella cura di sé, nel libero movimento.

La semplicità

A volte la semplicità spaventa i grandi: un ambiente senza colori sgargianti, giocattoli in abbondanza, musica o attività laboratoriali dagli effetti speciali, potrebbe apparire agli occhi degli adulti come un “non abbastanza”. È bene invece ricordare che la semplicità piace ai bambini. Una semplicità fatta di toni neutri o pastello, di pochi oggetti altamente significativi, di materiali e luce naturali, di silenzio, favorisce la calma, la concentrazione, il lavoro, il riordino e l’orientamento: tutte competenze che spesso pretendiamo dal bambino senza però fornirgli il giusto contesto per esercitarsi. La pedagogia steineriana, così come quella montessoriana, ritiene sufficiente per rendere felici i bambini il coinvolgimento serio e attivo nella vita degli adulti: poter stendere, ordinare, pulire, cucinare, curare le piante sono attività da svolgere nella quotidianità e dalle quali troppo spesso si tengono lontani i piccoli, che vengono impegnati in giochi di intrattenimento. Consentire ai bambini di far parte della vita reale li riempie di gioia, li soddisfa; saranno loro stessi ad avvicinarsi al gioco, allo svago, alla rielaborazione dei vissuti quando desiderosi di farlo.

La puntualità

Ecco allora l’adulto farsi attento e accogliente verso il bambino e il suo volere. Non anticipa o posticipa esperienze o insegnamenti, che propone invece quando il bambino si mostra pronto ad accoglierli. Pikler ce lo insegna molto bene nello studio dello sviluppo motorio: il bambino conosce la sua strada di sviluppo ma necessita che l’adulto lo ponga nelle condizioni propizie per avviare il processo. Un’intromissione nei movimenti, la forzatura di una postura possono bloccare o rallentare una nuova acquisizione motoria. L’adulto allora deve sapersi fare umile e paziente (come suggeriva Maria Montessori), non cedere al desiderio di possedere o governare le scelte e le azioni del piccolo ma lasciarsi condurre dalla sua competenza, senza perdere di vista la responsabilità di cui è detentore.