Adeguatezza rispetto all’età e alle capacità del piccolo, ordine e organizzazione dell’ambiente a seconda dei suoi interessi: sono questi gli aspetti fondamentali da seguire per favorire l’autonomia di movimento, di scelta e di azione del bambino

«Sull’etichetta c’è scritto che va bene da 0 a 3 anni. Sarà vero?». Spesso i genitori sono titubanti quando sul giocattolo leggono le indicazioni relative alla fascia di età: l’oggetto può sembrare “troppo complicato” o “troppo semplice” per il proprio figlio. In effetti, quel numero riportato sull’etichetta può essere fuorviante, perché non tiene conto del fatto che gli interessi e le abilità di ogni singolo bambino si formano nell’ambiente fisico e culturale in cui cresce e in base alla sua personalità. Per valutare e scegliere il giocattolo “giusto” è necessario partire dall’osservazione dell’attività libera del bambino: come si comporta e ciò che fa in quel determinato periodo del suo sviluppo, quali sono le attività che svolge autonomamente e come si orienta tra gli spazi di casa, cosa cerca e come utilizza i materiali.

Insomma, per trovare le risposte e raccogliere il maggior numero di informazioni, occorre sospendere la nostra naturale tendenza a dirigere l’agire del bambino e concedergli invece autonomia di movimento, di scelta e di azione.

 

I giochi non sostituiscono l’attività “vera”

Se il bambino ha l’occasione di partecipare alla vita “vera” della sua famiglia, ovvero della sua comunità primaria di appartenenza, il giocattolo diventerà uno svago di “seconda scelta”, un passatempo, un esercizio a cui rivolgersi solo in alcuni momenti.

È importante sapere che per essere soddisfatto e appagato il bambino ha la necessità di percepire un senso di utilità nel suo agire, la stessa utilità che osserva in ciò che fanno i “grandi”. Il piccolo, infatti, ama lavare, stendere, riporre le posate, apparecchiare (o almeno tentare di fare tutto ciò), perché desidera imitare l’attività dei genitori, parteciparvi sentendosi importante e, al contempo, parte della comunità.

Accanto a queste azioni, che dovranno essere garantite quotidianamente o comunque di frequente, può essere presente uno spazio di esercizio-allenamento, una “palestra di vita” rappresentata appunto dai giochi, materiali pensati per il bambino e a disposizione nell’ambiente di casa, solitamente nella sua cameretta.

 

Una stanza facile da riordinare e “leggibile”

Le case non sono tutte uguali. Alcune possiedono una stanza dei giochi e una per il riposo (magari comuni a più fratelli), altre hanno un unico spazio per il bambino (la cameretta, dove sono collocati letto, armadio e giochi) e altre ancora hanno l’area gioco in salotto e la stanza da letto condivisa con i genitori. Ogni bambino potrà sentirsi a proprio agio in qualunque ambiente, a patto che quest’ultimo soddisfi i suoi bisogni di crescita, che sia stato pensato e progettato con cura, e che venga mantenuto in ordine e “aggiornato” periodicamente.

L’azione di “aggiornamento” rappresenta una responsabilità dei genitori fino ai 9 anni di età, quando il bambino comincerà a sentire il desiderio di modificare la disposizione dei materiali («Possiamo mettere via i pupazzi? Tanto non li uso più»). Come già detto, fino a quel momento il compito spetta agli adulti: sono loro che dovranno leggere i bisogni, i desideri, i mutamenti che caratterizzano la crescita e provvedere all’adeguamento degli spazi. La quantità di materiali a disposizione dovrà essere gestibile per il bambino: più è piccolo e meno oggetti saranno necessari; crescendo, invece, diventerà più competente nella ricerca, nella gestione e nel riordino in prima persona.

Ecco i requisiti essenziali dell’ambiente:

- gli oggetti dovranno essere facilmente visibili e raggiungibili per il piccolo, e presenti in una quantità tale per cui siano riordinabili (a 3 anni, le costruzioni sono sufficienti nel numero di 15-20 pezzi);

- arredo e mobilio dovranno essere a un’altezza adeguata rispetto al bambino;

- la stanza dovrà essere il più possibile luminosa e pulita.